24 maggio 1981: la fine della stagione della Serie A con la Pistoiese
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24 maggio 1981: finisce il campionato che vede la Pistoiese in Serie A

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24 maggio 1981: finisce il campionato che vede la Pistoiese in A

Il 24 maggio finisce un campionato di serie “A” che non solo registra la riapertura ai mercati stranieri dopo svariati anni, non solo vede il Napoli con un’occasione d’oro per fare suo finalmente il titolo, ma che la butta al vento (anche) con una incresciosa, inaspettata sconfitta casalinga con il Perugia poi retrocesso, non solo prende atto della volata scudetto tra la Juve e la Roma, una Roma ritornata in vetta al campionato dopo anni di magre e di tempi cupi, non solo osserva il gol annullato a Turone dei giallorossi capitolini durante lo scontro diretto decisivo a Torino il 10 maggio 1981, ma anche assiste alla prima e sinora unica volta in massima serie della Pistoiese, squadra che si è sempre fatta notare innanzitutto per il colore della maglia, l’arancione, davvero inusuale nel contesto cromatico delle squadre italiane.

La compagine toscana era al suo apice; sei anni prima, appena dopo averla rilevata in cattivo stato, il suo presidente, a cui verrà dedicato lo stadio cittadino, Marcello Melani, detto da quelle parti “il faraone”, per la sua ricchezza, aveva affermato che in 5 anni la sua squadra sarebbe approdata in “A”.

Si sarebbe sbagliato di un solo anno. La sua Pistoiese non esordisce in “A” nella stagione 1979 – 80, come da auspicio presidenziale, ma l’anno successivo.

Nella 1979 – 80 la promozione in “A”, matematicamente certa il primo giugno 1980, dopo un pareggio casalingo con il Lecce e un ottimo campionato, con quella che venne definita la “squadra dei vecchietti”, perché nella medesima militavano gente come Marcello Lippi, approdato alla casacca orange dopo quasi dieci anni di Sampdoria, Lido Vieri, secondo portiere di quaranta anni, con un passato soprattutto nel Torino, ma anche nell’Inter, Nello Saltutti, con esperienze nel Milan, nel Foggia, nella Fiorentina e nella Sampdoria, Livio Luppi, prima transitato nel Messina, nel Torino, nel Verona e nel Genoa, Fabrizio Berni, antecedentemente nel Lanerossi Vicenza, nel Perugia e nel Genoa, Mario Frustalupi, quasi quarantenne, scudetti conquistati nell’Inter e, soprattutto nella Lazio nel ’74, dove faceva da regista e soprattutto da trait-d’union tra i due clan contrapposti da cui era composta la squadra biancazzurra romana.

Ma non solo: Frustalupi, giocatore in fondo quasi sempre sottovalutato, una volta morto Maestrelli, dalla Lazio veniva ceduto perché considerato ormai “vecchio”; avrebbe stupito ancora in quel Cesena che nella stagione 1975 – 76 meravigliava il calcio italiano con un sesto posto da antologia delle “provinciali” della serie “A”.

E ancora: Giorgio Rognoni, scudettato nel Milan nel 1968 e vincitore con i rossoneri milanesi della Coppa dei Campioni l’anno dopo, prima di finire a Foggia e poi a Cesena. Dunque, i “vecchietti”, ma che vecchietti, dalla competenza calcistica elevata, sicuramente per la cadetteria.

Poi altri giocatori di buon nome, da Moscatelli a Francesco Guidolin a Sergio Borgo, per dirne qualcuno. Dunque, non deve stupire che nel 1980 questa compagine che certamente suscita simpatia, sicuramente curiosità, faccia il salto nell’empireo calcistico italiano. Adesso la prova della serie “A” nel 1980 – 81 in un’annata in cui, peraltro, i pistoiesi non avrebbero potuto incrociare i guantoni con il Milan, quell’anno condannato alla “B” dalla giustizia sportiva a seguito dello scandalo del calcio-scommesse, esploso la stagione antecedente.

Purtroppo, la Pistoiese retrocedeva, anche malamente, se vogliamo, raccogliendo solo 16 punti. Ma attenzione: nel girone d’andata la squadra toscana, guidata da Lido Vieri, sino a un anno prima ancora giocatore, e dal direttore tecnico Edmondo Fabbri, aveva racimolato la bellezza di 13 punti, che al giro di boa del campionato avrebbero garantito la salvezza nel contesto di una classifica, peraltro condizionata dalle penalizzazioni, conseguenza della bufera del calcio scommesse, che zavorrava Bologna, Avellino e Perugia.

Se i felsinei non avessero avuto l’handicap della partenza da – 5, sarebbero terminati quinti a 34 lunghezze, ad appena 2 punti dal pass al fine di accedere alla Coppa Uefa; malgrado il – 5 l’Avellino di Juary si salvava pareggiando nell’ultima giornata con la Roma che ancora lottava per lo scudetto. Questo nella stagione durante la quale gli irpini affrontavano il dramma del terribile terremoto del 23 novembre 1980 con quasi 3.000 morti tra Campania e Basilicata. Il Perugia, invece, retrocedeva, e sarebbe finito in “B” anche senza la sanzione della penalizzazione.

Ritornando alla Pistoiese, certamente la stessa era costretta a vedersela con squadre molto attrezzate per competere nella massima serie: a parte le “grandi” tradizionali e le società di un certo livello, la lotta per non retrocedere avrebbe visto protagoniste alcune “provinciali” terribili, che in quegli anni rispondevano ai nomi di Ascoli, Avellino, Catanzaro, senza contare il Cagliari, quell’anno sesto, o il Como.

Si tenga presente che la Roma non ha vinto lo scudetto piuttosto per causa dei punti persi al cospetto delle citate realtà calcistiche che per il gol non-gol di Turone. Per la Pistoiese sarebbe stata dura, ma non partiva necessariamente battuta e la squadra non era cattiva, considerando i “vecchietti” di valore di cui sopra, quasi tutti presenti nella stagione nella massima serie, e ponderato come per sfidare la “A” fossero stati acquisiti giocatori di rilievo: altri “vecchietti” come Mauro Bellugi, scudettato nell’Inter insieme con Frustalupi nel 1971, o Roberto Badiani, con anni di esperienza nella Lazio post scudetto ’74, giocatori di esperienza come Poerio Mascella, Andrea Agostinelli, Vito Chimenti, Alessandro Zagano o qualche giovane di belle speranze come Paolo Benedetti.

Vero che quella squadra annoverava Luis Silvio Danuello, un brasiliano su cui si sono raccontate varie storie calcistiche, forse non tutte controllate o controllabili, qualcuna anche bizzarra.

Un giocatore che suo malgrado è diventato paradossalmente un’icona delle stranezze del calciomercato di quegli anni, dato che il suo nome viene spesso immancabilmente declamato fra quegli stranieri sbarcati negli anni ottanta nel calcio italiano e poi mandati via senza grandi rimpianti (vedere, tra gli altri, anche Blisset o Andrade per esempio).

Si è detto fosse un’ala, ma venne impiegato (pochissime volte) come attaccante. Totalmente spaesato, forse tradito da incomprensioni linguistiche, veniva accantonato presto.

Ma, comunque, una squadra con i nomi di cui sopra non era in teoria scarsa, fermo restando la questione dell’anagrafe di alcuni di giocatori, che poi si sarebbe rivelata in maniera pesante; e il girone d’andata, coronato anche dalla storica vittoria nel derby toscano a Firenze, ne era testimonianza.

Sono i tre i punti del ritorno, con appena tre pareggi e con le nove partite conclusive del torneo tutte perse a essere totalmente insufficienti, condannando una squadra che, a parte episodi avversi e discutibili, a un certo punto non ha retto per probabili, sopravvenuti limiti atletici e agonistici (a un certo punto l’età di alcuni giocatori si fa sentire): a quel punto certe carenze societarie dovute chiaramente a inesperienza diventavano macigni.

Ma quella bella realtà calcistica deve essere ricordata sicuramente con simpatia. Senza contare che nella medesima fra gli anni settanta e ottanta sono transitati giocatori come Giuseppe Dossena e Sergio Brio, che sarebbero diventati “grandi” altrove.

Successivamente anche Gian Piero Gasperini Massimiliano Allegri, Stefano Pioli o Andrea Barzagli. Qualcosa vorrà dire.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Francesco Zagami)

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Nato nel 1971 a San Gavino Monreale. Da sempre interessato a temi calcistici e storici. Fondamentalmente autodidatta. All'attivo 3 libri. Un quarto testo, relativo alla Storia della Repubblica sociale Italiana in corso di pubblicazione. Ora al lavoro per un libro relativo al mondo arabo e per uno riguardante il periodo d'oro della Roma di Liedholm 1979-1984.

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