GLIEROIDELCALCIO.COM (Antonio Capotosto) – Stagione 1960-’61, la prima in nerazzurro di Helenio Herrera, Lorenzo Buffon, Giacinto Facchetti, Armando Picchi. Il 20 novembre di sessant’anni fa il Biscione vinceva di misura la stracittadina grazie al futuro capitano della Grande Inter, al primo centro in nerazzurro.
“Tre tiri bassi e forti finivano uno dopo l’altro sulla porta difesa da Ghezzi. Era Lindskog a sparare per primo. La palla, respinta, ritornava nei piedi dello svedese, che sparava ancora. Anche questo secondo tiro veniva respinto e deviato verso la sinistra della difesa milanista, questa volta. Sulla sfera piombava il terzino Picchi, che stava arrivando in corsa. Il gran tiro basso del difensore nerazzurro non trovava più ostacoli: il pallone coglieva Ghezzi in contropiede e penetrava in rete sulla destra del portiere… “ , il commento di Pozzo sulle colonne de La Stampa.
Picchi, inizialmente terzino, diventerà stabilmente libero nel corso dell’annata 1962-’63, quella che darà l’avvio al ciclo vincente del club di Angelo Moratti. Anche se il ‘Mago’ lo aveva già schierato nel nuovo ruolo il 15 aprile 1962, nell’ultima di campionato contro il già retrocesso Lecco. Un esperimento episodico, ma dall’esito talmente convincente da indicare una strada futura. Picchi nacque a Livorno il 20 maggio 1935 e in maglia amaranto cominciò, prima centrocampista offensivo e poi difensore. Tre campionati da titolare in C erano bastati all’occhio lungo di Mazza per portarlo alla Spal, subito in A, subito in evidenza.
Alla fine di quella stagione l’Inter lo pagò a peso d’oro, 92 milioni di valutazione: 17 in contanti, più il riscatto di Massei, il portiere Matteucci e il difensore Valadè. A Milano nel corso degli anni il ragazzo si era disciplinato, Herrera lo aveva inquadrato, consigliandogli di convogliare la rabbia dalla linguaccia toscana ai piedi di alta qualità. L’ultima metamorfosi era stata decisiva, perché al gioco del Biscione mancava un libero così: statico, come lamentò Rivera in una celebre polemica via stampa dopo uno scialbo nulla di fatto in azzurro, ma col tempismo di intervento e la visione di disimpegno del regista arretrato. Picchi era drastico nelle chiusure quanto abile negli appoggi per i centrocampisti, così come era innato il suo senso tattico a coprire le avanzate di Facchetti, così spesso letali per gli avversari.
In Nazionale non ebbe vita facile, per la predilezione di Fabbri al gioco più arioso (e meno condizionato dagli stranieri nei ruoli chiave) del Bologna, ma nell’Inter e –non solo- e in campionato si segnalò come un leader, abile nell’indirizzare il partner centrale Guarneri (con delega agli interventi aerei) e l’intero gioco arretrato della squadra, da capitano e allenatore in campo.