GLIEROIDELCALCIO.COM (Antonio Mattera) – «Molti dì passarono e grande diventò/ Finché come riserva in serie B giocò/ Ma non contentandosi con zelo e serietà/ Si preparava per giocare in A/ Correva come un matto e saltellava come un gatto, e tutti gli gridavano così/ Oh, oh, oh che centrattacco/ Oh, oh, oh tu sei un cerbiatto/ Sei meglio di Levratto ogni tiro và nel sacco oh, oh, oh, che centrattacco/ E con grande giubilo della comunità/ Fu presto trasferito nella Serie A/ Ma il suo sogno splendido ancor più in alto andò/ La maglia azzurra in cuore sospirò»
È il 1959 e l’indimenticabile Quartetto Cetra tira fuori dal cilindro una delle sue invenzioni, la canzone “Che centrattacco!”.
Omaggio a Levratto e Nicolè, attaccanti indimenticabili del calcio italiano, narra le vicende di Spartaco, centravanti mediocre che arriva persino in nazionale “contro il Brasile e il Portogal”.
La realtà, quando Spartaco si sveglia, dice che è solo un bel sogno.
Ma i sogni son desideri e i desideri a volte s’avverano.
E vuoi vedere tu che un ragazzino, nato appena 4 anni prima della canzone, il 28 novembre 1955, non l’abbia ascoltata e desiderato di diventare come Spartaco, negli interminabili pomeriggi trascorsi fra le stradine e i campetti di Sonnino (quindi pontino di nascita come Felice Chiusano, uno degli indimenticabili del Quartetto Cetra, anche se quest’ultimo di Fondi e con il quale condivide anche il giorno, il 28, di nascita, seppur 33 anni e 8 mesi prima) correndo dietro a un pallone, come molti di noi di quella generazione in tutto l’italico stivale?
E vuoi tu che Alessandro Altobelli, questo il nome di quel ragazzino che cresce alto e allampanato, non abbia mai dato retta al finale della canzone seppure, lasciata la scuola («mi mancava poco a diventare geometra, solo 5 anni»), il suo presente parli di una cella di macelleria dove lo scova, per caso, un talent scout di nome Leonardi?
50mila lire per convincerlo a firmare per il Latina, i rimbrotti di un padre muratore che all’inizio non crede che il figlio possa aver guadagnato quei soldi per “uno spasso” e inizia la storia calcistica di “Spillo” (il soprannome glielo diede un suo professore, proprio per la sua altezza e l’essere magrissimo) Altobelli, uno dei più prolifici attaccanti del calcio italiano, un tipo da 300 goal in carriera, campione d’Italia con l’Inter e del Mondo con quella Nazionale che Spartaco ha solo sognato, mentre Spillo, contro il Portogallo, non solo vi ha realmente giocato ma ha pure segnato le prime reti, 2 su 25 in 61 presenze, in azzurro.
Tutto parte dal Latina, allora in C, dove le 7 reti del 18enne Alessandro non bastano a salvare la squadra dalla retrocessione, consentendo però di mettere in mostra la bravura di quel ragazzino che supera i 180 cm e, a dispetto di soli 65 kg di muscoli e ossa, riesce a correre, come cita la canzone, come un cerbiatto e gonfia la rete avversaria costituendo da solo la metà dei goal segnati dai pontini quella stagione,.
Il tutto frutto di una bravura tecnica da ambidestro, un eccezionale capacità di colpire di testa (e te credo con quel popò di centimetri!) e un fiuto del goal che gli permette di “bucare”, proprio come uno spillo, le difese avversarie.
«Molti dì passarono e grande diventò/ Finché come riserva in serie B giocò»
Così, il nostro ex garzone di macelleria comincia ad incuriosire gli osservatori di Lazio e Roma, Inter e Cesena.
Ad essere bravo è bravo, ma è troppo gracilino; giocare in C è una cosa, in A la storia è diversa; sembra, a volte, abulico a quello che gli accade intorno.
Insomma i soliti luoghi comuni sembrano destinarlo ai campetti polverosi della serie C o addirittura inferiori.
Se non fosse che lo vede giocare Fulvio Bernardini.
Sì, proprio il mitico “Dottore”, colui che il calcio lo ha attraversato e giocato in tutti i ruoli.
Ha occhio lungo, ne capisce.
Soprattutto, non guasta, è dirigente del Brescia.
Detto fatto, il trasferimento ai leoncini lombardi, in serie B, avviene, anche se sembra un azzardo andare in una città dove è ancora fresca la sanguinosa ferita della strage terrorista di Piazza della Loggia, piuttosto che andare nella più tranquilla Cesena.
La scelta però si rivela quella giusta, la simbiosi con la città funziona subito e con i compagni di squadra è empatia.
Soprattutto con uno in particolare, con il quale condivide anche la naja, quell’Evaristo Beccalossi con il quale condividerà quasi tutta la sua carriera e segnerà pagine importanti del prossimo step per entrambi.
«Avere lui alle spalle significava ricevere sempre la palla giusta. Eravamo affiatati anche lontano dal calcio: abbiamo fatto pure il militare insieme»
Così, dopo il primo anno con solo due reti (insieme all’anno con il Latina, sarà l’unico anno che il nostro Alessandro non andrà in doppia cifra), chiamiamolo di apprendistato, Spillo comincia a bucherellare le difese della cadetteria con facilità impressionante.
È bravo ma troppo gracile? E lui, zac, ti passa in mezzo ai marcantoni dai quali dovrebbe essere stritolato e ti uccella il portiere
Sembra quasi abulico in campo? E lui, tecche tè, con la precisione di un orologio svizzero, quando la palla è in area avversaria, si sveglia e deposita il pallone in rete.
Non sembra un vero centravanti? E ci credo, ripiega sulla linea dei centrocampisti, partecipa alla manovra, parte da dietro, padrone com’è di tecnica più che buona e in possesso di un’intelligenza calcistica che non lo farà diventare geometra, ma ragioniere del goal sì.
«Ma non contentandosi con zelo e serietà/ Si preparava per giocare in A/ E con grande giubilo della comunità/ Fu presto trasferito nella Serie A»
E così arriva la chiamata in serie A.
Sembra un segno del destino, dal Latina nerazzurro della serie C al nerazzurro dell’Inter del dopo Mazzola in seria A.
«Sono nato nerazzurro e mi viene ancora la pelle d’oca se ripenso alla mia carriera. Ho sempre voluto giocare nell’Inter».
Non sono rose e fiori all’inizio, i tifosi lo sbeffeggiano, non convince tutti e sembra che Spartaco possa prendere il sopravvento su Spillo, ma con zelo e serietà, come nella canzone, li convince tutti.
Segna e segna ancora di più quando, un anno dopo, gli affiancano quel Beccalossi col quale costituirà una coppia micidiale per le difese avversarie, i Chicco e Spillo della canzone di Samuele Bersani, che sfrecciano con traiettorie trasformate in goal nelle strade impervie delle difese avversarie. E non c’è polizia che li possa fermare.
Arriva lo Scudetto nell’anno triste della morte di Paparelli e del calcio scommesse, arrivano altri trofei e anche cocenti delusioni ma Alessandro Altobelli da Sonnino, da aspirante macellaio diventa un caposaldo per più di un decennio della squadra meneghina.
Un leader che può permettersi anche di prendere a schiaffi un tipetto come Hansi Muller perché non gli passa il pallone: «Hansi Muller? Lo ammetto, con lui mi arrabbiai. Potevo vincere la classifica marcatori di Serie A ma sembrava facesse di tutto per non passarmi la palla così gli diedi uno schiaffetto.»
Destino vuole che la sua carriera in A non termini con l’Inter (e nemmeno tanto da amici) ma con l’arcirivale Juventus, dove15 reti in 34 partite (tanto per non smentire la doppia cifra) però non gli bastano per essere riconfermato in bianconero.
Poco male, perché Spillo Altobelli oramai la canzone del Quartetto Cetra l’ha trasformata in realtà, altro che svegliarsi da un sogno.
Perché, profittando anche della squalifica di Pablito Rossi e Bruno Giordano, i due enfant prodige del calcio italiano, Spillo la Nazionale l’ha raggiunta davvero, già dal 1980.
«Ma il suo sogno splendido ancor più in alto andò/ La maglia azzurra in cuore sospirò/Quando lo passarono al fine nazional/Giocò contro il Brasile e contro il Portogal»
Peccato per il Brasile, che non affronterà mai, ma nella vita non si può aver tutto, e alcuni sogni son destinati a rimanere tali.
O ad essere sostituiti con altri che nemmeno il Quartetto Cetra e il loro Spartaco osava immaginare.
«Non ci prendono più, non ci prendono più!»
È l’11 luglio 1982, una calda e felice serata spagnola, il Bernabeu come palcoscenico e un entusiasta Sandro Pertini intento a pronunciare, e mimare con la mano, queste parole, estrapolate da un labiale che arriva chiaro nelle nostre case come il grido in diretta, appena una decina di minuti dopo, di Nando Martellini «Campioni del mondo, Campioni del mondo, Campioni del mondo!»
Pertini lo anticipa con quel labiale: Conti è da poco scattato per l’ennesima volta sulla fascia, alza la testa e passa la palla al centro dove Spillo Altobelli aggira il teutonico portiere Schumacher controllando prima di sinistro, poi di destro e di nuovo di sinistro a battere a rete.
Inutile il tentativo disperato di Kaltz, poco ma bastante lo spazio fra il fondo della rete e Stielike, è il terzo goal, l’apoteosi di una nazione intera, da Lampedusa a Bolzano passando per Sonnino.
Lontani i giorni del ritiro spagnolo di Vigo dove si parlava ridendo di Altobelli e compagni, perché il nostro Spillo, ad un giornalista spagnolo che gli chiese: “Tu eres casado? “(tu sei sposato?) il nostro centravanti dal volto triste rispondeva «Certo che sono gasato: il Mondiale ti carica tantissimo»
«Cadendo giù dal letto, proprio sullo scendiletto, guardandosi allo specchio si gridò/Oh, oh, oh che centrattacco/ Oh, oh, oh che sogno matto»
Ecco, i grandi uomini, i grandi campioni sono quelli capaci di cambiare il finale di storie che sembrano già scritte, i sogni trasformarli in realtà.
Alessandro Altobelli, detto Spillo, secondo cannoniere dell’Inter dietro Meazza, recordman italiano imbattuto di segnature in Coppa Italia e Coppa Uefa, è uno di quelli che i finali li cambia, eccome.
Partendo da una cella frigorifera di una macelleria a Sonnino per arrivare fino al Bernabeu a Madrid sul tetto del mondo.
Alto e lungo «come un giorno senza pane» gli avrebbe detto Pietro Micca, zelante e serio come lo sanno essere solo i professionisti, letale e preciso come solo i veri bomber lo sanno diventare.
«Non mi sono mai accontentato di partecipare. Ho sempre voluto lasciare la mia firma».
È vero, Alessandro, vallo a dire a Spartaco che tu non hai solo sognato.
«Oh, oh, oh che centrattacco/ Oh, oh, oh tu sei un cerbiatto/ Sei meglio di Levratto/ ogni tiro và nel sacco oh, oh, oh, che centrattacco»
La serie A, i goal, la nazionale, i cori dei tifosi: è tutto vero.
Ah, a proposito, quasi dimenticavo: auguri di buon compleanno Spillo!!