Paul Breitner, calciatore con un look iconico che negli anni Settanta si distinse all’interno della nazione della Germania Ovest per le sue idee politiche dichiaratamente comuniste.
Insieme a Gerd Muller, purtroppo scomparso lo scorso 15 agosto, sono stati i giocatori che più di tutti hanno lasciato un segno indelebile nella storia culturale del calcio. Breitner nasce nel 1951, a Kolbermoor, in una Germania nel pieno della ricostruzione e che se non ancora divisa dal muro lo era ideologicamente per via delle forze occupanti che l’avevano spartita in zone d’influenza. Fu un personaggio fuori dagli schemi, a partire dal suo look, una folta capigliatura, che gli valse il soprannome di “Der Afro”, anticipando di molti anni Maradona e Valderrama, tutto questo unito a un outfit sfacciato e ribelle considerando dove era cresciuto, cioè nella rigida bavaria monegasca, fu uno scossone non da poco.
Breitner però non fu solo questo, di fatto si dimostrò un grandissimo giocatore molto versatile in mezzo al campo, se pensiamo che nelle giovanili giocava come attaccante e nel suo esordio nei professionisti passò da difensore a centrocampista. Questo background tecnico gli permise di presentarsi al mondo, negli anni Settanta, come uno dei giocatori più avanzati e completi del suo tempo.
Sapeva difendere e attaccare al tempo stesso. L’ottima mole fisica gli permetteva di avere una grande resistenza e potenza, era particolarmente reattivo, abile nei tackle e nel tiro dalla distanza. Inoltre, l’esperienza al Real Madrid consentì al giocatore di migliorare le sue doti tecniche e quelle tattiche riuscendo a dare libero sfogo alla sua grande creatività. In campo riusciva a essere un vero leader che sapeva guidare alla perfezione il centrocampo e portava sempre il suo apporto decisivo nelle vittorie più significative della Germania Ovest. Però, fuori dal campo, c’era l’altro lato della medaglia, Breitner a causa del suo carattere ribelle si attirò addosso, più volte, le critiche dei compagni di squadra, della stampa e del pubblico che ne ostacolarono la carriera sportiva senza dargli il giusto merito come calciatore.
Le esperienze calcistiche più significative di Paul Breitner furono il Bayern Monaco e il Real Madrid. A Monaco di Baviera, Der Afro giocava con Sepp Maier, Gerd Muller e il “Kaiser” Franz Beckenbauer. Nel suo primo anno al Bayern diventò subito un perno fondamentale della retroguardia bavarese, vincendo per tre anni consecutivi il campionato (1972, 1973, 1974) e nella finale contro l’Atletico di Madrid, vinta per 4-0, nel 1974, conquistò anche la Coppa dei Campioni. Ma come scritto prima, il suo carattere ribelle lo portò in contrasto prima coi dirigenti del Bayern, poi con la Federcalcio tedesca e infine anche col CT della nazionale Helmut Schon.
Dopo il mondiale del 1974, vinto dai tedeschi, ai danni dell’Olanda di Johan Cruyff, Breitner si trasferì al Real Madrid e questo evento alzò un polverone sul giocatore tedesco. Sì, perché Breitner se ne andò col dente avvelenato criticando il Bayern e la Bundesliga, d’altro canto i giornalisti presero la palla al balzo e mossero forti critiche al giocatore, di idee comuniste, per essere andato a giocare nel paese del dittatore Franco. Alcune dichiarazioni sul non sentirsi tedesco lo portarono a perdere il posto in nazionale nel 1975. Breitner, al tempo, disse che il suo trasferimento era motivato dal desiderio di crescere tecnicamente, cosa che successe perché quando alla guida dei merengues arrivò l’allenatore jugloslavo Miljan Miljanić trasformò il tedesco in un perfetto centrocampista di spinta. Sotto la ferrea guida dell’allenatore Miljanić, Breitner conquistò il campionato e la Copa del Generalísimo (l’attuale Coppa del Re). Nel 1977 finì la sua esperienza madrilena e tornò in Germania concludendo la sua carriera al Bayern di Monaco riuscendo a riappacificarsi con il club. Nel corso della sua carriera sportiva, Breitner è stato un giocatore che ha fatto tutto quello che la sua visione di mondo, giusta per lui, lo spingeva a fare. Senza ombra di dubbio avere un’ideologia comunista nella Germania Ovest non deve esser stata proprio una cosa molto semplice. Con la nazionale tedesca vinse un europeo nel 1972 e la coppa del mondo FIFA nel 1974 ma anche qui i rapporti non furono idilliaci proprio perché Breitner diceva senza peli sulla lingua quello che pensava. Lo scontro con il CT Helmut Schon su diverse tematiche, nel caso del 1974 riguardavano i premi del mondiale, gli costarono sei anni di esilio volontario e di fatto tornò in nazionale solo nel 1982 quando l’era Schon era finita ormai da quattro anni.
Mentre dall’altra parte del mondo, in Brasile, Socrates, anche lui spirito ribelle e rivoluzionario come il tedesco riuscì realizzare la democrazia corinthiana, Paul Breitner si trovò a confronto con il peso culturale della guerra fredda, soprattutto se fossi nato nel lato Ovest della Germania. Questa cosa non lo scoraggiò mai, perché il tedesco difese sempre con passione le sue idee politiche e il suo carattere ribelle lo portò a scontrarsi contro tutti arrivando anche ad aprire diatribe pesanti con la Federcalcio tedesca. Capelli afro, barba ispida e un talento mostruoso questo fu Paul Breitner. Di questo giocatore è stato detto tutto il bene e tutto il male possibile ma sicuramente nessun esperto del settore calcio potrà negare il suo fondamentale apporto nei successi della grande Germania e del Bayern Monaco riuscendo a lasciare un segno importante anche nella sua esperienza a Madrid. C’è un’immagine che lo descrive alla perfezione, una foto, dove il giocatore è ritratto nel pieno della lettura sotto la foto di Mao Zedong.
Fonti
Luca Pisapia, Uccidi Paul Breitner, edizioni Alegre.
Nato a Livorno il 5 febbraio 1988, si è laureato in "Storia contemporanea" all'università di Pisa, in particolare si occupa di storia dello sport, ha approfondito i filoni di ricerca relativi a questo campo di studi, più precisamente della storia del pugilato italiano e statunitense.
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