GLIEROIDELCALCIO.COM – “Da quattro giorni i canali televisivi di tutta Europa trasmettono quella conferenza stampa che, se vivesse soltanto di suoni e non di immagini, noi italiani digiuni di tedesco scambieremmo per l’ultimo discorso di Hitler davanti al Reichstag, tanto sembra che la lingua scorra sopra una grattugia. È un collage di suoni gutturali di una violenza fonica assoluta e amplificata dai poderosi pugni sbattuti sul tavolo. Trap si infervora e accusa alcuni giocatori del Bayern: se le parole sono pietre, le sue pesano quanto i Faraglioni di Capri e sollevano spruzzi come una tempesta. Un maestro. Perché chi lo conosce sa quanto ci sia di teatrale nello sfogo: a lui che potrebbe, con il solo tono della voce e con la gestualità scomposta, rendere diabolico il «Cantico delle creature», figuratevi che sforzo è costato scatenarsi contro tre calciatori sfaccendati e pure così fessi da attaccarlo in pubblico. I tedeschi ne sono rimasti estasiati e non soltanto quelli nostalgici: essere presi a sberle da un italiano che li accusa dei difetti per loro connaturati all’Italia (l’indolenza, lo scarso senso del dovere) li ha erotizzati come i masochisti sotto i colpi di una frusta. Da cento ore il film dell’uomo dai capelli d’argento che sbraita con la forza di cento Sgarbi, passa nella programmazione di Eurosport, il canale sportivo che lo lanciò come primizia trasmettendolo in diretta. La Zdf e le altre stazioni tedesche lo inseriscono in ogni blob e un gruppo musicale ha deciso di trasformare la sfuriata in un pezzo rap…”.
Così il quotidiano La Stampa del 14 marzo 1998 descriveva la storica conferenza stampa di Giovanni Trapattoni avvenuta qualche giorno prima, il 10 marzo. Thomas Strunz è la vittima principe della sfuriata del Trap, arrabbiato all’inverosimile per il gioco e i non buoni risultati della sua squadra e, soprattutto, per le continue lamentele di alcuni giocatori che chiedevano maggiore spazio.
Tante vittorie non avevano portato tanta popolarità al Trap quanto questo sfogo… “Per stradami fermano tutti per complimentarsi. Ricevo valanghe di telefonate e di fax da gente che mi applaude più di quando vinsi il titolo. Qualcuno doveva cantarle chiare ai giocatori. Non voglio essere un simbolo, non ne ho bisogno; ma non mi andava di passare per coglione a sessant’anni. Ad essere troppo buoni si finisce col sembrarlo”.
Beh, a questo punto rivediamo questo storico momento…