(RIVISTA CONTRASTI di Matteo Mancini – Foto CORRIEREDELLOSPORT)
[…] Non si parla mai di un mister che, pur non essendo un maniaco della tattica, è riuscito in qualche impresa mirabile, come detenere il record di punti in una sola stagione di Serie B con l’Ascoli o qualificare il piccolo Cagliari per la Coppa UEFA nel 1993. Numeri finiti nel dimenticatoio. Mazzone è e sarà sempre intrappolato nel personaggio di sor Carletto, l’allenatore del popolo, quello semplice, che alle alchimie tattiche preferisce gestire i suoi uomini, e che viene amato dai suoi tifosi quasi a prescindere dai risultati, per via di quella sua veracità tutta romana che conquista ed inganna allo stesso tempo. […]
[…] Il pragmatismo di ferro, eccessivo ed ostentato, è la sua cifra stilistica. Alla continua ricerca di un calcio semplice, dove non servono strane formule per emergere. Si contrappone apertamente ai maghi della panchina reputandosi, e vuole che così la gente lo veda, come un contadino della panchina, un allevatore di uomini più che di calciatori. […]
[…] Quando nella sua favola bresciana il presidentissimo Corioni gli regala Baggio, sor Carletto ha il merito di capire che quello è un giocatore speciale, e che deve ricevere un trattamento speciale (la stessa cosa fatta con Andrea Pirlo, a cui Mazzone rivoluzionerà la carriera “aprendogli un mondo” e spostandolo davanti alla difesa a fare il regista). Con il Divin Codino comunque l’allenatore deroga alla gestione patriarcale del gruppo, e ammette apertamente la superiorità di un elemento su tutti gli altri. […]
[…] Mazzone diventa quindi una figura a cui è sostanzialmente concesso tutto, perché considerata folkloristica. […]
[…] Fuori dallo spettacolo del gioco, fuori da ogni motivazione tecnica, la gente ama Mazzone proprio per questa natura verace.
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