Storie di sponsorizzazioni e magliette. Un binomio che un tempo non veniva nemmeno considerato, rendendo le pesanti lanette dei calciatori quasi tutte uguali e marchiate da un numero sulla spalla che ne identificava il ruolo.
Bisognerà attendere la fine dei mitici ’70 per veder cambiare la prospettiva delle sponsorizzazioni calcistiche. Se prima c’erano soprattutto i grandi marchi italiani a campeggiare con i loro cartelloni pubblicitari, ai bordi del terreno di gioco, nel 1979 si arriva al primo marchio stampato (o cucito) sulle divise. L’intuizione è del presidente del Perugia, quel D’Attoma che porterà in Umbria il mitico Paolo Rossi. Lo sponsor è il pastificio Ponte.
Sarà la svolta decisiva ad una regolamentazione che, da quel giorno, inizierà a cambiare.
Se guardiamo bene la storia, però, tornando indietro di appena un anno, si scopre che il vero fautore di questo cambiamento fu Teofilo Sanson, presidente di una Udinese che lottava in serie cadetta nel campionato 1978/79. L’8 Ottobre del 1978, infatti, contravvenendo a quanto dicesse il regolamento, fece applicare sui pantaloncini dei suoi calciatori la scritta Sanson, azienda di gelati che lui stesso aveva fondato. Una scelta controcorrente e futuristica che cambierà la storia del calcio e della sua economia.
Franco Dal Cin, grandissimo direttore sportivo friulano, a fine partita (da La Gazzetta dello Sport del 9 Ottobre 1978) si dirà tranquillo in quanto si trattava di “una lacuna del regolamento, facendo riferimento al comma M dell’articolo 16, terzo capoverso del regolamento organico”.
Sanson, nonostante il cauto ottimismo, venne multato dalla federazione per la cifra di 10 milioni di lire. Ottenne, però, una grande visibilità per la sua squadra, la stessa che conquisterà la promozione in Serie A guidata dal tecnico Giacomini.
Il trafiletto sulle pagine de La Gazzetta dello Sport del 9 Ottobre 1978