(ULTIMOUOMO.COM di Libertino Alaimo – Foto VESUVIOLIVE)
Ultimo Uomo racconta la storia del tifo in Italia. Di seguito un estratto.
[…] Tra il 1928 e il 1942, ben 425.174 persone emigrarono dal Mezzogiorno verso i poli industriali del Nord Italia, cercando un avanzamento sociale ed economico impossibile nei comuni di residenza, e il concetto originale di identità territoriale ed esclusiva cominciò ad entrare in crisi. Il tifo per la squadra della città ospitante fu lo sbocco ideale del percorso di accettazione che questi nuovi cittadini dovettero intraprendere per integrarsi. […] Prima le milanesi Inter e Milan, in seguito la Juventus, che legò le sue grandi vittorie al periodo del boom economico degli anni Sessanta, quando emigrarono al Nord circa 800.000 persone ogni anno, in molti per lavorare negli stabilimenti FIAT.
[…] Le gloriose vittorie dei club del Nord fecero da cuscino psicologico di autostima, e resero meno amaro lo sradicamento e la dispersione, creando un fortissimo collante sociale che nessun altro fenomeno, tranne forse la televisione, è riuscito a eguagliare. Lo storico Giovanni De Luna, autore di Juventus. Storia di una passione italiana, in un’intervista a Radio Radicale pone l’accento proprio sulla funzione aggregante del tifo per le grandi: «La Juve intercettò esattamente quel tipo di dimensione, non so fino a che punto consapevolmente. È evidente che l’operaio di Mirafiori si rispecchia nella Juve con molta più facilità, rivedendosi in una comunità, quella del meridione che riempie i quartieri popolari di Torino». La prima squadra a captare questo cambio di paradigma fu appunto la Juventus che, tra il 1966 e il 1968, costruì con grande lungimiranza un rapporto di affiliazione unico con i propri tifosi meridionali. Da qui la strategia di acquistare spesso calciatori provenienti da diverse zone del Meridione –Anastasi, Cuccureddu, Furino, Causio- e formando un bacino di affezione che passava dai giocatori e che si finirà per rafforzarsi con i cinque scudetti degli anni Settanta. In particolare, l’acquisto del siciliano Pietro Anastasi, nel 1968, giunse in un momento difficile di proteste degli operai della Fiat Mirafiori, quasi a sancire un patto tra l’allora presidente Gianni Agnelli e i propri lavoratori meridionali, che in quegli anni affollavano i quartieri periferici di Torino.
[…] L’eredità di quel bacino di tifo meridionale, per la Juventus, arriva fino al 1996. Il 5 febbraio di quell’anno si gioca la finale di Supercoppa UEFA tra Paris Saint Germain e Juventus. Dopo il pesante 1-6 dell’andata a favore della Juve, la dirigenza bianconera, forse temendo il vuoto del Delle Alpi in una partita di poco valore, decide di spostare il ritorno a Palermo, in omaggio ai tantissimi tifosi siciliani di fede bianconera. È un successo: a rivedere le immagini della partita sembra di assistere a una partita di Coppa Libertadores, con gente in visibilio e tifo caldissimo. Il vecchio La Favorita è colmo fino all’orlo dei suoi 35.000 spettatori.
[…] Tra le squadre del Sud, solo il Napoli riesce ad avere un appeal di dimensioni considerevoli, rapportato comunque a una città metropolitana che conta oltre tre milioni di abitanti.
[…] E parlando del Meridione, non c’è mai stata una vera e propria “squadra del Sud” che potesse, in modo continuativo, creare una tradizione vincente capace di attirare le simpatie di quella parte del Paese. In mancanza di una società degna di rappresentare l’identità culturale e territoriale, si è preferito seguire tradizioni familiari rassicuranti, e club che sapessero dare un senso di competizione a livello nazionale.
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