GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia) – Le zolle del Comunale di Torino, in quell’Ottobre del 1985, sembravano baciate dal dio del calcio. Un derby della Mole tra due squadre da sempre nemiche, rivali in una città dalle due facce. La Juventus aristocratica da una parte, il Torino operaio dall’altra. Due modi di vedere il calcio, due tifoserie diametralmente opposte, due allenatori accomunati da un illustre passato da calciatori.
Il 13 Ottobre di quell’anno, Giovanni Trapattoni e Gigi Radice si affrontano nella 6a giornata di una Serie A piena zeppa di stelle; c’è da battere il Verona, campione a sorpresa nella stagione precedente, oltre alla concorrenza di un Napoli maradoniano sempre più in ascesa. I due si conoscono benissimo, entrambi ingranaggi della macchina perfetta creata dal mitico Nereo Rocco nel decennio ’60. Per loro anche una partita insieme in Nazionale, il 13 Maggio del 1962, in quello stadio Heysel che segnerà i ricordi del Trap di Cusano Milanino.
Quel giorno, il brizzolato arbitro Agnolin diventerà testimone di una storica partita segnata dai calci da fermo.
Comincerà Antonio Cabrini, con un tiro dal limite che si infilerà alle spalle dell’incolpevole Martina, dopo una sfortunata carambola; subito dopo, sempre dalla stessa zolla, Platini non lascerà scampo al portiere torinista trafiggendolo con un calcio di rara precisione, a mezza altezza, dopo la solita rincorsa con il corpo piegato all’indietro.
Due punizioni per la Juventus e due gol.
Il Torino, colpito nell’orgoglio, reagirà con Junior, il suo campione più rappresentativo. Il primo tentativo del brasiliano, su calcio da fermo, vedrà la plastica risposta di Tacconi che volerà alla sua sinistra; il secondo, invece, produrrà un gol bellissimo, una punizione potente e precisa che sbatterà sulla faccia interna della traversa prima di finire in rete.
Radice perderà quel derby e concluderà la stagione al 4° posto; Trapattoni, invece, vincerà lo scudetto dopo il famosissimo regalo giallorosso del 20 Aprile 1986.