Questa settimana presento una maglia meravigliosa e inseguita da anni.
È una bellissima maglia invernale dell’Avellino dei tempi belli della serie A, risalente alla stagione 1982-83.
La curiosità legata a questa maglia è che, di base, si tratta di un modello prodotto dalla Ennerre negli anni Settanta ed utilizzato dall’Avellino con il marchio Robe di Kappa, sponsor tecnico dei biancoverdi solo per questa stagione. Le fattezze della maglia e l’assenza di etichette confermano tale assunto: la maglia è infatti con una striscia bianca nel colletto e nei polsini proprio come la maglia del Napoli della stagione 1976-77 già in mio possesso. Ad ulteriore conferma di ciò, anche il numero 3 sul retro, il classico utilizzato su maglie Ennerre, in panno.
Lo sponsor è l’azienda leader nella produzione dei veicoli commerciali Iveco, il primo sponsor commerciale sulle maglie dei Lupi, segno di una consolidata collaborazione avviata tra l’avvocato Agnelli ed il patron Sibilia dato che Iveco era un’azienda del gruppo Fiat, poi continuata con la cessione al club bianconero dei tre gioielli irpini Tacconi, Vignola e Favero.
Questo modello di maglia è stato utilizzato prevalentemente nel periodo freddo dell’anno e rappresentava un’alternativa al modello prodotto da Kappa a manica lunga che ha, come si vede dalla foto della trasferta a Pisa, un colletto con scollo completamente diverso da quello presente su questa maglia.
Il numero 3 era prevalentemente usato dal terzino ferrarese Danilo Ferrari che ha vestito due anni la casacca dei Lupi dal 1981 al 1983.
Venendo al campionato 1982-83, dopo la tranquilla salvezza del campionato precedente, il vulcanico presidente Sibilia decise di cambiare molti interpreti del team biancoverde, a cominciare dalla panchina su cui si sedette (per poco) lo zonista convinto Pippo Marchioro, futuro allenatore della Reggiana, poi sostituito a Verona dal navigato Fernando Veneranda dopo il rovescio (0-3) alla quinta di campionato. Partì poi, direzione Milano, il funambolo brasiliano Juary, a cui la tifoseria irpina era legatissima, più i vari Piga al Perugia con Di Leo, Rossi alla Fiorentina, D’Ottavio al Campobasso, Piangerelli alla Cavese e il mitico Vito Chimenti a Taranto. Anche Vignola, uno dei più talentuosi della squadra, era già promesso al Milan ma poi l’accordo saltò e il talentuoso centrocampista rimase ancora un anno in biancoverde. Anche Tacconi rimase al suo posto a difendere la porta dei Lupi.
C’era quindi da sostituire soprattutto l’attacco, totalmente smantellato e arrivarono così l’attaccante Alberto Bergossi dalla Spal, l’esterno peruviano Geronimo Barbadillo dai messicani del Nuevo Leon e la meteora danese Soren Skov, che l’anno prima al Bruges aveva realizzato la bellezza di 23 gol. Di Skov ad Avellino si ricorderà solamente qualche gol in Coppa Italia (segnò infatti contro Lazio e Napoli ed una doppietta contro la Roma), ma soprattutto la bellissima moglie Martine ed un altrettanto bellissimo cane al seguito: partito titolare con Marchioro, il danese con l’avvento di Fernando Veneranda fu relegato in panchina, venendogli preferito Bergossi e concluse mestamente il campionato con zero gol fatti. Il peruviano, invece, andò molto meglio e diventò una delle colonne portanti dei Lupi, insieme al capitano Di Somma ed ai tre futuri juventini Tacconi, Favero e Vignola, capocannoniere del club con sette reti realizzate in campionato.
Gli irpini, dopo un girone difficile, conclusero la stagione con una tranquilla salvezza al nono posto, lasciando l’onta della retrocessione a Catanzaro, Cagliari e Cesena.
Grazie all’amico Roberto per aver mantenuto la promessa fattami ed avermi concesso l’onore di averla qui con me!