Storie di Calcio

Valerio Spadoni: “Il Passator Cortese del Gol” e le sue 70 primavere…

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GLIEROIDELCALCIO.COM  (Francesco Fanini) – Quella di Valerio Spadoni è la storia di uno dei biancorossi più amati di ogni tempo. Nato a Lugo di Romagna il 15 Aprile 1950, sale alla ribalta con la squadra della sua città e con un diploma da maestro elementare nel cassetto. Mezz’ala di punta; piede preferito il mancino; classe, estro, fiuto del gol; tatticamente duttile: un attaccante completo, un fuoriclasse dalle doti eccezionali. Nel ’68 lo scopre l’Atalanta, ma un incidente stradale gli stoppa la carriera per la prima volta, costringendolo con la maglia della “Dea” ad apparizioni nel torneo “De Martino”, competizione riservata alle cosiddette “squadre B”. L’eccellente rientro nel Baracca, desta le attenzioni dei dirigenti del Rimini che alla vigilia del campionato di Serie C 70/71, il primo della biennale gestione Pivatelli, ringiovaniscono la rosa puntando su ragazzi di valore provenienti da categorie inferiori. Il gioco messo in mostra è moderno e spettacolare e Spadoni, che con le sue prodezze (15 reti) manda letteralmente in visibilio il “Neri”, diventa l’idolo indiscusso della tifoseria. Dopo una seconda brillante stagione (14 reti), inevitabili, le pressioni di grandi club di Serie A quali Roma, Inter e Bologna, coi giallorossi che -dopo le sue 71 apparizioni in maglia a scacchi- sbaragliano la concorrenza grazie alle insistenze del tecnico Helenio Herrera che vede in lui un futuro campione. Cento milioni la sua valutazione nel ‘72. Nella capitale una folgorante ascesa, il titolo di “uomo nuovo del calcio italiano” e la convocazione in azzurro nella Under 23 di Bearzot. I paragoni con le stelle del firmamento calcistico si sprecano, ma Valerio da Lugo, “novello Puskas”, detto “Sciabola” per il suo modo tagliente di calciare, non si scompone e lascia parlare il campo con l’umiltà propria chi sa dribblare, oltre agli avversari, anche l’illusione effimera della gloria. Fatalmente la sua fiaba è di quelle senza lieto fine. Il 25 gennaio 1976 un tremendo impatto con l’interista Bini gli procura la rottura del ginocchio sinistro, con lacerazione dei legamenti e lesione del nervo, infortunio che ai tempi è una vera sciagura. Lunghi mesi di rieducazione e una funzionalità dell’arto ormai compromessa, a 26 anni non ancora compiuti, interrompono quel volo spiccato dalla provincia romagnola, verso la quale Spadoni ritorna per concludere la propria carriera in categorie minori e dedicarsi alla professione di libraio. Schivo e lontano da quel calcio riguardo al quale ai tempi di Rimini, giovane di belle speranze e buon profeta, ebbe a dire: “Ho paura che la favola si sgonfi. Per questo mi tengo tutto dentro. Parlando di meno, sbaglio meno; parlando niente, sbaglio niente”.

(in foto: Spadoni al “Neri” nel 71/72 – Foto Davide Minghini dal Libro “Rimini 100”, di Raoul De Bonis, Francesco Fanini e Giulio Zavatta)

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