La vidi la prima volta tanto tempo fa, quando ero un giovanissimo liceale.
Ricordo anche come la trovai.
Ero andato nella vecchia biblioteca di Avezzano, quella che si trovava dietro un grande palazzo di Piazza Risorgimento e che apriva le sue finestre su un parcheggio che ancora oggi esiste.
Andai lì per preparare un’interrogazione di filosofia ma, ben presto, un libro rubò la mia attenzione.
Era bellissimo, rilegato in cuoio rosso, era grande ed austero e recava una scritta che era più di una tentazione:
“IL GRANDE LIBRO DEL CALCIO ITALIANO “
A nulla valsero le tesi dei Sofisti e l’incubo dell’interrogazione che avrei dovuto sostenere il giorno seguente.
I minuti volarono via e con essi passarono anche le ore.
Fu così che iniziai ad amare il mito dell’Italia calcistica di Pozzo, la leggenda del fantastico “Wunderteam” austriaco e l’elegante e raffinata cadenza del Calcio Danubiano proprio delle grandi scuole Magiare e Boeme.
Leggendo quelle pagine scoprii la vicenda umana di “Cartavelina” Sindelar e con essa tutta la poesia di uno sport che ora non riesco più ad amare.
L’ho ritrovata quella foto amici miei.
L’ho cercata con tenacia ed ostinazione, con la stessa volontà spesa per sapere tutto del Tenente Cavasinni e di sua moglie Zenaide i personaggi del mio libro che erano andati perduti nella bufera della Grande Guerra.
Ora ve la dedico, lo faccio perché voi saprete apprezzarla ed amarla esattamente come ho fatto io.
Eccolo Vittorio Pozzo, poggia la mano sinistra sulla lapide della tomba di Matthias al Cimitero Centrale di Vienna.
Sindelar fu il suo più grande avversario sul terreno di gioco ma anche il giocatore che più ammirò nella vita reale.
È una storia di quelle che piacciono
solo a noi amanti del Calcio perché è proprio vero:
Chi sa solo di Calcio, non conosce assolutamente nulla del Calcio