Il 14 novembre 1934 allo stadio Highbury di Londra l’Italia campione del mondo sfida per la prima volta gli spocchiosi maestri inglesi. Va in bambola finendo sotto 3-0 in 12’, ma in una ripresa straordinaria, benché in dieci, riesce a rimontare fin quasi a pareggiare. Finisce 3-2 con una doppietta di Meazza, che colpisce una traversa proprio all’ultimo minuto fra gli applausi del pubblico. Nasce qui la leggenda dei Leoni di Highbury. E si racconta che questa gara abbia ispirato Winston Churchill – anni dopo e in circostanze ben più drammatiche – per la sua frase più irriverente: «Gli italiani perdono le partite di calcio come fossero guerre e le guerre come fossero partite di calcio».
La sua fu anche un’epoca di grandissimi protagonisti: Giuseppe Meazza, Raimundo «Mumo» Orsi, Silvio Piola. E poi i Monzeglio, i Guaita, i Ferrari, gli Schiavio, tutti grandi interpreti del primo titolo del 1934 conquistato in Italia. Quasi tutti epurati in occasione della conquista del secondo titolo nel 1938 in Francia, quando dell’undici iridato di Roma rimanevano i soli Piola, Meazza, Serantoni e Ferrari.
Fascismo e polemiche
Nel dopoguerra Vittorio Pozzo passò di moda. Il motivo? Il suo essere un vincente al servizio (come simbolo, più o meno volontario) del regime fascista. In occasione della vittoria del primo Mondiale molti avevano criticato, invece, il suo ricorso ai tanti oriundi. «Se possono morire per l’Italia, possono anche giocare per l’Italia», aveva replicato il c.t.. La cui Nazionale, dal 24 novembre 1935 al 20 luglio 1939, inanellò una serie di 30 risultati utili consecutivi.
Ritiri e regista
Pozzo fu il primo a usare sistematicamente i ritiri preparatori. Intendiamoci: non in alberghi extralusso, ma in vecchie caserme, secondo il suo stile militaresco. Tatticamente lo schieramento tipo delle sue squadre prevedeva due difensori dietro e uno centrale davanti alla difesa, fra i due mediani. Il centromediano metodista era il cardine della manovra ed era un vero e proprio antenato del «regista all’italiana». Con l’arretramento in mediana dei due attaccanti interni (le «mezze ali») si componeva così un 2-3-2-3, o “WW” finale.
Uomo dei record
Pozzo diede le dimissioni da c.t. nell’agosto del 1948. Era ormai uomo del passato: identificato con i successi sportivi del fascismo. Inoltre il suo metodo WW era considerato ormai superato. Con i suoi 6.927 giorni di servizio azzurro sarà battuto solo da Enzo Bearzot. Il suo bilancio parla di 97 partite con 65 vittorie, 17 pareggi e 15 sconfitte, e una percentuale di successi del 67.01%: il record fra i c.t. azzurri. Il suo ultimo atto ufficiale, nel 1949, fu il riconoscimento dei corpi dilaniati dei calciatori del Grande Torino, suoi amici e allievi, periti a Superga. Morì il 21 dicembre del 1968. Dal 2016 i suoi cimeli sono esposti a Ponderano in un museo a lui dedicato.
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